Vendi ma fai il furbo e non spedisci

Sai cosa rischi ?

LARGO AI FURBI ED AGLI IMPAVIDI

Beh.. non è proprio così ! Sei un imprenditore ed hai messo su un piccolo e-commerce: bravo ma non fare il furbo!

Che accade quando vendi un bene sul tuo e-commerce, l’oggetto viene ritualmente pagato ma decidi di non spedirlo al nuovo proprietario?

Potresti affrontare 2 problemi. Ecco quali.

Nel momento in cui decidi di vendere un oggetto, fissando un prezzo che il tuo acquirente decide di pagare, in quel momento state stipulando un contratto di tipo verbale. E poco importa se non c’è carta e penna, nulla importa se non c’è la tua firma lì sotto

La vendita è conclusa: hai deciso di acquistare e paghi.

Chi non adempie al contratto può essere citato dinanzi a un giudice, in un’aula del tribunale civile, onde ottenere la sua condotta ad eseguire coattivamente la prestazione. In alternativa, qualora abbia perso ogni interesse a ricevere il bene acquistato, l’acquirente potrà chiedere la restituzione del prezzo versato. In entrambi i casi, la parte inadempiente verrà comunque condannata a versare anche il risarcimento del danno. Chiaramente, la causa dovrà essere patrocinata da un avvocato a meno che il valore della vendita sia inferiore a 1.100,00 euro: in tal caso, infatti, il compratore potrebbe difendersi da solo.

Nel caso in cui l’inadempimento dovesse protrarsi anche oltre la notifica della sentenza alla controparte, il creditore potrà agire con l’esecuzione forzata: potrà cioè richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario affinché costringa il venditore a restituire il prezzo di acquisto o a consegnare il bene oggetto della vendita.

Da un punto di vista procedurale, il compratore dovrà anticipare le spese del giudizio che poi gli saranno rimborsate dalla parte soccombente al termine del processo (è la cosiddetta “condanna alle spese processuali”). Prima dell’inizio della causa, però, è necessario procedere a un tentativo di mediazione con il proprio avvocato.

Querela per truffa
Non sempre l’inadempimento contrattuale conduce a una denuncia per truffa. Affinché si possa parlare di illecito penale è necessario che, sin dal momento della stipula del contratto, nel venditore vi fosse l’intenzione di non adempiere alla propria prestazione e che, ciò nonostante, questi abbia simulato dinanzi all’acquirente la possibilità di consegnare il bene. Insomma, è necessaria un’azione diretta a far cadere in errore l’altra parte contrattuale, un artificio o un raggiro.

Il semplice fatto di aver venduto un bene e di non averlo poi consegnato, quindi, non integra alcun reato e non è possibile sporgere una querela.

La truffa richiede sempre qualcosa in più che non è il semplice comportamento omissivo di chi non spedisce ciò che ha venduto pur avendo già ricevuto i soldi del prezzo.

L’aver messo in vendita su un sito di aste o su altra piattaforma un oggetto di cui il venditore non ha mai avuto la disponibilità materiale e che mai avrebbe avuto integra una truffa.

L’aver allestito un sito internet facendo credere di disporre di uno stock di merce, quando invece ciò non corrisponde a realtà, integra una truffa.

L’aver invece affrontato dei problemi di approvvigionamento o una crisi di liquidità che hanno impedito al venditore di consegnare la merce pagata non fa scattare l’illecito penale. Anche il fatto di non voler restituire più i soldi ricevuti come prezzo del bene non può essere classificato come reato di appropriazione indebita. Restiamo, in tutti questi casi, nella sfera dell’illecito civile e, quindi, della ordinaria azione di inadempimento contrattuale.

Come si è visto, dunque, la possibilità di ricorrere alla molla del penale è abbastanza risicata e richiede una prova che non sempre l’acquirente è in grado di fornire.

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